Le categorie grammaticali non sono universali, anche se le diverse grammatiche che sono state elaborate nel corso dei secoli utilizzano per lo più i medesimi termini.
Nella grammatica delle dipendenze della lingua tedesca si utilizzano denominazioni che in parte coincidono con quelle delle grammatiche tradizionali (nome, verbo, ecc.). I concetti che designano possono però non coincidere del tutto con quelli tradizionali. Inoltre non vengono prese in considerazione categorie che sono di uso comune nelle grammatiche tradizionali, quali ad esempio modo verbale, tempo verbale futuro, transitività/intransitività. E sono presenti concetti nuovi, quali ad esempio argomento di misura, argomento modificativo, verbi infinitivi.
La grammatica delle dipendenze ha scelto di utilizzare nuove categorie e di rinunciare a quelle importate dall’impianto grammaticale delle lingue classiche che studi più recenti hanno dimostrato di essere poco adeguate per la lingua tedesca.
Lingue diverse, ovviamente, possono classificare le parole in modo diverso. La parola con cui in una lingua si denomina una categoria può essere analoga a un termine con cui in un’altra lingua se ne definisce una diversa.

Molti dei termini usati in tedesco hanno un aspetto molto simile ai termini italiani. Per alcuni di essi ci sono – potremmo dire grossolanamente – delle equivalenze. Per altri invece le differenze possono essere sostanziali. Ad esempio le categorie di “attributo” e di “articolo” hanno ampiezza diversa in tedesco e in italiano. Nella grammatica delle dipendenze l’attributo non è costituito da aggettivi che accompagnano un nome, ma può essere realizzato da parole appartenenti a categorie diverse. Del gruppo degli “articoli” in tedesco fanno parte anche parole che in italiano si raggrupperebbero tra gli aggettivi, quali i possessivi e gli aggettivi indefiniti.
D’altra parte in tedesco si ripartiscono in categorie distinte parole che in italiano apparterrebbero a un unico gruppo. Si fa infatti una distinzione tra copule e aggettivi, tra avverbi e particelle (che non hanno nulla a che vedere con le particelle italiane!), tra congiunzioni coordinative e subordinative. In questo modo si tiene conto di come “funzionano” le parole di queste diverse categorie o di come si possono combinare nella frase. Gli aggettivi, ad esempio, possono sia costituire degli attributi sia dipendere dal verbo, mentre le copule dipendono esclusivamente dal verbo. Le particelle si distinguono dagli avverbi perché, nella frase principale, non possono collocarsi da sole davanti al verbo, mentre gli avverbi lo possono fare. Le congiunzioni subordinative non possono essere considerate un sottoinsieme di un capitolo “congiunzioni” perché introducono frasi che si costruiscono in modo diverso da quelle precedute da congiunzioni coordinative.

Quadro ad olio di
Robert Delaunay, La fenêtre (1914)